BACK TO THE BASICS: il blog


Replying to IL NUOVO CORSO DI DYLAN di Pietro Zerella

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  1. Posted 1/8/2015, 17:09

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    Circa un anno fa, il lettore italiano attendeva con una certa dose di curiosità quello che era stato annunciato come un evento epocale nel mondo dell’editoria italiana. Ormai da molti mesi si rincorrevano le voci su quella che sarebbe stata la metamorfosi di uno dei più popolari eroi della Bonelli: Dylan Dog. Come sono andate realmente le cose, c’è stata davvero la svolta “catastrofica” annunciata e il personaggio ha effettivamente cambiato i suoi connotati? Andiamo con ordine. Partiamo da una ovvietà: i personaggi dei fumetti non si scrivono da soli. Dietro ogni loro azione, ogni loro riflessione ed ogni loro sentimento c’è la mano di un gruppo di “piccoli umani”. Per coordinare l’opera di questo staff, la Bonelli ha pensato ad un nome preciso, quello di una delle figure più note del fumetto nostrano: Roberto Recchioni. Scelta opportuna? A mio avviso si.

    dd2


    Dell’autore romano si può dire tutto e il contrario di tutto ma il suo mestiere lo conosce dannatamente bene E’ uno che i fumetti oltre a farli li legge e che ci mette la faccia e discute anche animatamente per difendere la propria visione. In questo, fortunatamente, è lontano anni luce da certi autori paludati (vero, Boselli?) che si sono rinchiusi nella loro algida torre d’avorio. Come se non bastasse, Recchioni conosce il personaggio come le sue tasche ed é riuscito a darcene sempre una versione personale ma credibile. Magari il suo modo di fare gli aliena qualche simpatia ma, in fondo, ognuno di noi è libero di avere il caratteraccio che gli pare. Nel momento in cui, lo scrittore si è preso la patata bollente, aveva davanti a sé una diramazione. Doveva scegliere se apportare cambiamenti repentini, rivoltando come un guanto Dylan oppure procedere con cautela inserendo qualche elemento d’innovazione ma, fondamentalmente, non distaccandosi granché dal personaggio originale. Io avrei scelto la crasi, una totale separazione dagli standard classici con una rifondazione assoluta su basi radicalmente modificate, Roberto Recchioni ha optato per una linea decisamente più conservativa e poiché scrivere fumetti non è il mio mestiere, devo presumere che abbia avuto ragione lui.

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    Mi rimangono però dei dubbi, perché in fondo il lettore tipo del detective di Craven Road non è quello di Tex o di Zagor. Si tratta, a mio avviso, di una platea meno ingessata e più propensa ad accettare svolte radicali purché narrativamente giustificate. La sensazione è che ci sia stato nelle scelte operate una sorta di horror vacui (mio Dio che penseranno i lettori?) che ha zavorrato l’opzione “tabula rasa”. In conseguenza di queste direttive ciò che è venuto fuori alla fine della fiera è un personaggio “sospeso”. Posto di fronte alla possibilità di attraversare il fiume ed arrivare ad un nuovo mondo narrativo, Dylan si è fermato a metà del guado. E allora, se da un punto di vista grafico non si può negare che delle concessioni al nuovo sono state fatte (penso alla attenuazione della famigerata gabbia Bonelli o alla scelta di artisti non canonici, in certi casi totalmente avulsi dal mondo di Dog e persino alle sperimentazioni (alcune riuscite, altre meno ma comunque nobili ) di Stano nelle copertine, poco è cambiato a livello narrativo. Parliamoci chiaro: le modifiche del cast sono state essenzialmente di facciata. Groucho continua (per ora….) a fare Groucho, Bloch, cacciato dalla porta è rientrato dalla finestra e le ragazze “one shot” sono sempre lì a concedersi all’eroe tormentato. I personaggi nuovi Carpenter e Rania non incidono più di tanto, il primo sembra il solito antagonista “rompitasche” mentre (se la caratterizzazione non verrà approfondita) la ragazza incarna la classica spruzzatina “cool” con un occhio di riguardo per le minoranze etniche.

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    Ciò che funziona meglio è la sezione villains e un paio di quelli mostrati finora potrebbero dimostrarsi degni successori di uno Xabaras davvero arrivato alla frutta. Parlare delle celebri innovazioni tecnologiche mi sembra perfettamente inutile. Al di là delle esagerazioni della Rete non credo che uno smartphone meriti di essere “commentato”. Mi soffermerei di più sull’aspetto continuity che era stata annunciata come trave portante del nuovo corso e che si è finora rivelata estremamente blanda. Su quella bisognerebbe lavorare di più, per esempio con dei cicli semestrali affidati allo stesso narratore (America docet!) che avrebbero un occhio più prospettico e meno focalizzato sull’episodio singolo. Alcune storie della Barbato sembrano davvero svincolate da tutto e da tutti (e Paola, grossissimo talento continua ad essere “pigra” nella caratterizzazione dei personaggi che troppo spesso vengono dati nudi e crudi in pasto alla storia) mentre Simeoni ha ancora delle increspature che appesantiscono la lettura. Finora le cose migliori sono arrivate dagli episodi di Recchioni e di quella vecchia volpe di Mignacco. Esisterebbe poi da fare un certo discorso sulle collane collaterali; mi domando il senso di tenere in vita il baraccone Old Boy, per esempio (la risposta, temo si possa identificare in uno “svuotiamo il deposito!) ma, magari lo faremo in un'altra occasione. In definitiva, dunque qual è il mio parere complessivo su questo primo anno del New Deal di Dylan?I più anziani tra noi ricordano la visita di leva…C’era una voce che lasciava la situazione in sospeso : “rivedibile”…Ecco, io non mi sento di dire peste e corna di un personaggio al quale sono affezionato ma non posso accontentarmi di una imbiancata alle pareti….Dai Dylan muoviti da quella pozzanghera. Se arrivi su quell’isola troverai nuovi amici, per esempio un certo Arturo Lauria. Ti piacerà lavorare con lui….


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