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  1. "QUI COMINCIA LA SVENTURA..." CENTO ANNI FA

     
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    Il 1917 fu un anno buio per il nostro Paese. L'impegno nella Grande Guerra era diventato davvero oneroso e sembrava che la sconfitta fosse ormai dietro l'angolo. Di conseguenza la voglia di ottimismo, di vedere un futuro più roseo e migliore era grande.
    In quell’anno nasce sulle pagine de Il Corriere dei Piccoli, il Signor Bonaventura che diventa subito uno dei protagonisti della rivoluzione operata, per l’epoca, da questa rivista.
    Quando infatti debuttò, nel 1908, non c’erano altre riviste per ragazzi che ospitassero storie a fumetti, erano infatti presenti solo illustrazioni. Il Corriere, invece, pubblicava fumetti, dapprima importati dagli Stati Uniti e modificati in modo da non avere i balloon ma delle didascalie, poi anche di autori italiani. ll Signor Bonaventura fu pubblicato per la prima volta proprio nel 1917 e fu un successo così grande che divenne ben presto una presenza fissa della rivista per quasi cinquant’anni.
    Il suo creatore era Sergio Tofano, in arte Sto, nato a Roma il 20 agosto 1886, e morto il 28 ottobre 1973 sempre nella Capitale.
    Discendeva da una famiglia napoletana nella quale condanne a morte, carcerazioni, latitanze ed esilio per attività risorgimentali erano stati la norma fin dalla Rivoluzione Napoletana del 1799. Una famiglia nella quale era stato sempre presente l’amore per la libertà, per la giustizia e per l’arte.
    Figlio di un magistrato, conseguì la laurea in lettere con una singolare tesi sul ruolo del 'brillante' nel teatro italiano, e si avviò a una carriera di disegnatore e caricaturista firmandosi Sto. Fu anche attore, commediografo e regista.
    Ogni episodio del nostro eroe cominciava con la strofa: “Qui comincia la sventura del signor Bonaventura”. Si narravano infatti le sue vicende che cominciavano sempre con una disavventura (per esempio va a dormire dimenticando di chiudere la chiave del gas) che però per caso si tramuta in un colpo di fortuna che gli fa guadagnare ogni volta un milione (nel nostro esempio il signor Bonaventura apre frettolosamente le finestre perchè manca l’aria e finisce per sventare una rapina).
    Le storie si svolgono in un luogo indefinito e sono raccontate sempre in rima da didascalie che descrivono le vignette. Il segno è stilizzato, quasi caricaturale che rende le storie ancora più irreali, facendo entrare il Signor Bonaventura di diritto nel mondo delle favole. Tanto che qualche critico non ha esitato a definirlo l’”ultima maschera della commedia dell’arte”.

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    La prima storia di Bonaventura ci mostra il nostro eroe pressappoco quale sarà poi per circa mezzo secolo: sia per quanto riguarda il suo aspetto fisico che il suo carattere.
    Si presenta infatti di età indefinibile ma piuttosto giovane, circa trent’anni, quanti ne aveva il suo creatore a quell’epoca.
    Il suo abito rimarrà immutato dal suo esordio: cappello tondo, redingote rossa, che è una specie di soprabito aderente ai fianchi e svasato in vita, ed era già allora passato di moda, e pantaloni bianchi piuttosto ampi, lunghissime scarpe a punta, mentre fisicamente Bonaventura subisce qualche trasformazione, allungandosi e snellendosi col tempo, così da assomigliare sempre di più al suo dinoccolato ed elegante creatore.
    Ma moralmente, l'ingenuo, franco, leale e alla fine sempre fortunato personaggio, non muta.
    Pare - è l'autore stesso a raccontarlo - che la buona ventura finale di, appunto, Bonaventura sia stata voluta in contrapposizione quasi polemica con la mala sorte di Fortunello, un altro personaggio che appariva sul Corriere dei Piccoli importato dagli Stati Uniti e allora popolarissimo, e destinato sempre a buscarle dagli uomini e dagli animali, Checca (la mula) in testa.
    Inizialmente il signor Bonaventura, al termine delle sue originali avventure, riceveva in premio encomi e medaglie, a volte anche la mano di qualche principessina, ma la trovata geniale fu quella del compenso finale, il grande foglio bianco sul quale invariabilmente era scritta la favolosa cifra di un milione. Raccontava Tofano stesso che, per rendere meno monotono e scontato il finale con l’immancabile premiazione del signor Bonaventura, inventò delle storielle nelle quali alla fine egli perdeva il milione, soprattutto per colpa di Omobono e Pinotto, suoi parenti goffi e imbranati. Fu, però, subissato di lettere di protesta da parte dei suoi piccoli lettori che esigevano il regolare andamento delle storie e l’immediata restituzione del premio finale. Non che Bonaventura non dovesse attraversare momenti di difficoltà e combattere nemici anche perfidi, prima di arrivare al milione, ma la conclusione doveva essere quella: la presa di possesso non equivoca di « un milione », e, negli ultimi tempi, a moneta inflazionata, di « un miliardo ». Il nostro signor Bonaventura ne ha avuti più d'uno di antagonisti e avversari, ma la sua principale “nemesi” è Barbariccia. Il “torvo Barbariccia - dalla maschera verdiccia” cambia colore, dal verde al giallo al rosa eccetera col mutare dei suoi stati d'animo: con un anticipo straordinario su Minnie la Candida di Massimo Bontempelli e di Deserto rosso di Michelangelo Antonioni, dove pure i colori dei volti e dei paesaggi hanno una funzione psicologica.

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    Come in ogni serie di successo ci sono altri personaggi che fanno da comprimari: il baron Partecipazio, ladro e prepotente, il dottor Crepacuore, che si fa curare i clienti dall'infermiere e il commissario di pubblica sicurezza Sperassai.
    L'unico, tuttavia, dei comprimari che è diventato proverbiale come il protagonista della serie è « il bellissimo Cecè », che compare verso il 1922: vanesio, mondano e in fondo generoso, è personaggio tanto ridicolo da riuscire simpatico ai bambini. Come lo è, del resto, a Bonaventura, che spesso lo aiuta a togliersi d'imbarazzo, a sfangarsi dai mille guai cui lo portano l'eccessiva cura di sè e del proprio abito, e l'inaudito snobismo.
    Non va dimenticato, naturalmente, il cane, che è quasi tutt’uno con il suo padrone che quando non lo si vede vicino a lui, se ne sente la mancanza.
    Come dicevamo, per circa cinquant’anni apparve sul Corriere dei Piccoli, ma la sua popolarità fu così grande che non lo fece rimanere nello stretto ambito del fumetto.
    Cenerentola e il Signor Bonaventura è infatti un film diretto da Sto e girato nel 1941 negli stabilimenti di Tirrenia con Paolo Stoppa, Silvana Jachino, Roberto Villa, Mario Pisu, Piero Carnabuci, Guglielmo Barnabò, Mercedes Brignone, Sto e Rosetta Tofano.
    Il film narra la storia di Cenerentola che dopo essersi sposata con il principe azzurro passa le sue giornate nel lussuoso palazzo, mantenendo la sua affabilità con tutte le persone che la circondano, ma le sue due sorellastre, sempre invidiose di lei, riescono a farla allontanare dal palazzo. Il Principe cade in uno stato di disperazione, ma Bonaventura aiutato dal bellissimo Cecè, promette di andare alla ricerca della fanciulla e riportarla dal suo consorte. Dopo aver combattuto contro acerrimi nemici come Barbariccia e l'Orco, aiutati anche dalla Fatina riescono nell'intento.
    E fin dal 1927, il nostro eroe diventa protagonista di sei commedie scritte e interpretate dal suo creatore, la prima delle quali “Qui comincia la sventura del signor Bonaventura” è stata recentemente ridata in teatro.
    Purtroppo negli ultimi anni il personaggio è stato accantonato e quasi dimenticato dalle nuove generazioni.
    Gilberto Tofano, figlio di Sergio e suo erede artistico, con lo studio “Numeri” di Pisa ha provato a dare una terza vita al signor Bonaventura.
    Dopo la prima sulle tavole sul Corriere dei Piccoli e la seconda in teatro, il signor Bonaventura è rinato grazie alla 3D Computer Animation e dopo un anno di intenso lavoro nel 2000 è stato presentato a “Cartoons on the bay”, il Festival internazionale di film d’animazione organizzato da RAI-TRADE a Positano, ritrovando il caloroso favore del pubblico e suscitando i commenti positivi degli esperti e della stampa.
    Purtroppo da allora il signor Bonaventura è di nuovo “sparito” ma speriamo di rivederlo presto perchè oggi più che mai servono personaggi che ci diano una sana iniezione di ottimismo e divertimento, anche in modo ingenuo e leggero.

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